Si chiama Kira ed è una femmina di bracco tedesco.
Un cane da caccia di razza pura, dunque, che galoppa fra cespugli di nocciolo, carpini bianchi e piccoli roveri, posti in lunghe file sulle rive del Cellina. Tuttavia, in questa occasione non cerca beccacce o fagiani come gli altri suoi simili.
La sua preda, a cui l’animale dedica tutta la sua attenzione e la potenza del suo olfatto, è un’altra e si nasconde non già fra le stoppie e i rovi, bensì sottoterra. Parliamo di un autentico tesoro: il tartufo. In questo caso il Tuber Melanosporum Vittadini, il Tartufo Nero Pregiato. L’aroma per cui il tubero è celebre ed al quale attribuisce l’elevato valore gastronomico e organolettico, filtra fra gli interstizi dell’humus che ricopre il terreno. I sensibilissimi organi olfattivi di Kira lo avvertono infallibilmente e la cagna subito incomincia a scavare con le zampe anteriori. Ma ecco giungere rapidissimo Renato Marescutti, padrone e addestratore del cane, che allontana l’animale e, con un attrezzo apposito, completa lo scavo e fa uscire dalla terra, dove è nato e cresciuto, uno di questi preziosi tuberi. Ad assistere all’operazione è stato, in questa occasione, un nutrito ed affascinato gruppo di giornalisti aderenti all’ARGA, guidati dal Presidente, Carlo Morandini, che sono stati ospiti dell’agriturismo “Sasso d’Oro” in quel bellissimo e soleggiato paesino pedemontano che si chiama Solimbergo di Sequals. E’ un locale eccellente sotto ogni aspetto e ad esso fa capo la tartufaia. Sei ettari di terreno altrimenti incolto ed improduttivo costituiscono lo scrigno in cui nascono i pregiati tuberi. La tartufaia è stata piantata alcuni anni or sono in collaborazione con la facoltà di Agraria dell’Università di Torino che ha fornito le piante micorizzate, nel cui apparato radicale è stato – cioè – inoculato il micelio che dà origine al tartufo. Già da qualche stagione la tartufaia è in piena produzione ed è in grado di fornire, nelle annate migliori, anche una cinquantina di chili di prodotto. “Ma potrebbero essere molti di più – dice Renato Marescutti – se non ci fossero le mandrie di cinghiali che periodicamente devastano la tartufaia producendo non solo un danno immediato, in quanto si cibano dei pregiati tuberi, ma che si perpetua nel tempo dato che l’abitudine di questi suidi selvatici di arare letteralmente il terreno col grifo, compromette per anni il micelio che dà origine ai tartufi.
Marco Buzziolo” Insomma, i cinghiali sono, per i possessori di tartufaie, una piaga biblica la cui gravità non viene sufficientemente compresa da chi, come la Regione, avrebbe il potere di intervenire per limitare i danni. Renato Marescutti è uno dei primi cercatori di tartufi del Friuli Venezia Giulia ed è stato grazie alle sue insistenze se la Regione ha, a suo tempo, emanato una legge apposita per regolamentare il settore, creare una cultura del tartufo e disincentivare le predazioni di cercatori foranei. La passione che Renato mette in questa sua attività traspare da ogni sua parola e da ogni suo gesto. Una passione che, elemento da non trascurare, viene gratificata anche dal contenuto economico di questa attività grazie alla quale tanti gourmet possono gustare i piatti ai quali il pregiato Tuber Melanosporum conferisce il suo inconfondibile aroma. Piatti di cui l’agriturismo “Sasso d’Oro” guidato dalla figlia di Marescutti, Patrizia, è prodigo per tutti i suoi clienti, fra i quali annovera anche numerosi cultori dello sport del parapendio. Lanciatisi dalle vicine alture, i parapendiisti scendono portati dalle ali del vento perfino direttamente nel cortile del locale dove trovano adeguata e, in questo caso, “profumata” accoglienza con risotti, tagliatelle e altre specialità di cui il Tuber Melanosporum a chilometro zero è l’indiscusso protagonista.