PROSEGUONO GLI INCONTRI FORMATIVI ORGANIZZATI DALL’ASSOCIAZIONE REGIONALE STAMPA AGRICOLA E AGROALIMENTARE
Proseguono gli incontri di approfondimento sulle specialità del territorio e sulle tematiche inerenti l’agricoltura, l’agroalimentare, l’enogastronomia e l’ambiente del Friuli Venezia Giulia, organizzate dall’Associazione Regionale della Stampa Agricola, Agroalimentare, Ambiente e Territorio (ARGA FVG). Dopo gli incontri nei Colli Orientali del Friuli, a Cividale presso a sede dell’Azienda agricola Paolo Rodaro, (sostenuto dalla Banca di Cividale), ospite il direttivo dell’ARGA, incontratosi con il sindaco della città ducale, Stefano Balloch, e l’assessore all’agricoltura, Mario Strazzolini, imperniato sulle prospettive e le criticità del mondo vitivinicolo, il convegno ‘Non di solo mais vive …il territorio’, svoltosi ad Aquileia (UD), organizzato assieme alla Banca di Credito Cooperativo di Fiumicello e Aiello, concluso dal Vicepresidente della Provincia di Udine, Franco Mattiussi, e la tre giorni sulle risorse e prospettive forestali e della filiera legno, a Paluzza (UD), nella sede del CESFAM, il Centro di formazione forestale, e in Carnia, sostenuto dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e dal Corpo Forestale Regionale, e conclusosi a Gorizia, con l’incontro con il Sindaco Ettore Romoli e il gemellaggio con l’Azienda agricola Livio Felluga, martedì 12 novembre l’ARGA FVG sarà ospite dell’Azienda agrituristica ‘Sasso d’oro’, a Solimbergo di Sequals (PN). Stavolta, il tema dell’incontro, sotto gli auspici della Coldiretti provinciale della Destra Tagliamento, sarà particolarmente ‘profumato’. L’Azienda è infatti specializzata nella tartuficoltura. Vi chiederete in che cosa consiste. Si tratta di un settore del mondo rurale che può offrire interessanti prospettive di sviluppo. In un appezzamento dal terreno vocato, dove esistono piante adatte, essenze di faggio o altre che fanno parte della vegetazione tradizionale del luogo, vengono seminate le spore. Che danno origine, con il favore del clima e dell’umidità, alla formazione di quella sorta di fungo endogeno chiamato tartufo. È costituito da una massa chiamata gleba, che è rivestita dal peridio.
I tartufi si dividono in due famiglie: Terfeziacee e Tuberacee. I più pregiati sono parte delle seconde. Vivono in simbiosi con determinate piante delle nostre zone: pioppi, salici, faggi, querce, e perfino con le conifere. Ed è la pianta con la quale il tartufo è simbionte, perché vive in simbiosi, a conferire la colorazione e gli aromi al tartufo. La forma gli deriva invece dalle caratteristiche del terreno. A volte i tartufi possono affiorare dal terreno. Il valore di quelli più pregiati è piuttosto elevato. Per esempio del Magnatum Pico, il tartufo bianco. Dai sentori delicati. Può valere diverse migliaia di euro al chilogrammo. Più decisi i profumi del Melasporum Vitt, il tartufo nero, un po’ meno pregiato ma non meno ambito. E, a scalare, sono utilizzati in cucina anche l’Albidium, o Bianchetto, l’Aestivum, o Scorzone, il Brumale, o Invernale. Come si fa a trovarli? Ci vuole un po’ di fortuna, dopo avere individuato le zone e le piante che potrebbero averli generati. La tecnica classica prevede l’utilizzo di cani addestrati. I più adatti sono della razza Lagotto. Ma attenzione a sottrarlo dal naso del cane, perché ne è ghiotto e potrebbe farlo sparire rapidamente nelle sue fauci. Il tartufo infatti è caratterizzato da proteine complete, ricche di lisina, cistina, metionina, di buona digeribilità. Dopo la raccolta, i tartufi vanno puliti accuratamente dai residui di terra, non prima di averli tenuti a mollo per alcuni minuti in acqua tiepida. Vanno poi avvolti in carta da pane, o nel classico scottex, e messi in un vasetto chiuso, riposto nella parte meno raffreddata del frigorifero. Nel Friuli Venezia Giulia la presenza del tartufo di pregio è riconosciuta da non molti anni. Anche se pare che già gli antichi romani ne facessero uso a tavola. Infatti conta poco più d’una decina d’anni la legge regionale che istituisce i corsi e il patentino di raccoglitore di tartufo. Per quanto riguarda le aziende la procedura è più complessa, ma non si discosta da quelle previste per gli altri settori rurali. Il primo tartufo registrato DOP del Friuli Venezia Giulia è quello di Muzzana del Friuli (UD). Si forma nei residui del bosco planiziale padano, nel bosco di Muzzana. Dove un gruppo di appassionati, guidati da Vittorino Gallo, ora sindaco della cittadina, ha iniziato a trasferire la passione per l’ambiente e per l’attività venatoria nella raccolta del tartufo. Appagante fin dai primi anni, tanto da indurli a fondare un sodalizio che si chiama Muzzana Amatori Tartufi (MAT).
A Sequals martedì si potrà seguire la raccolta in campagna, e degustarne le potenzialità a tavola, approfondendo la conoscenza dell’argomento con le titolari dell’Azienda.
Il tartufo è il complemento di maggior pregio, e costo, dell’alta cucina. Per limitarci a parlare del Friuli Venezia Giulia, i ristoranti da più lungo tempo stellati, come La Taverna, di Colloredo di Monte Albano (UD) di Piero e Matilde Zanini, e La Primula, di San Quirino di Pordenone, della famiglia Canton, dedicano al tartufo bianco, in questa stagione per gran parte di Alba, o delle Langhe, serate a tema. Con il menù che si sviluppa dall’antipasto, al dolce, al sapor e profumo di tartufo. In altre stagioni il tartufo arriva da Acqualagna o dalla Toscana.
Carlo Morandini