PENNUTI DI ALTO PREGIO ESALTATI DALLA CUCINA COLLINARE E RIVIERASCA FRIULANA DA COLLOREDO DI MONTE ALBANO A MARANO LAGUNARE (UD) LA CUCINA DI CACCIAGIONE E’ UN RICHIAMO INELUDIBILE SPECIALMENTE D’INVERNO PENNUTI DI ALTO PREGIO ESALTATI DALLA CUCINA COLLINARE E RIVIERASCA FRIULANA DA COLLOREDO DI MONTE ALBANO A MARANO LAGUNARE (UD)
Inverno: il tepore della casa e il focolare familiare sono richiami che ci invitano a rinfrancarci dal clima freddo. Un altro elemento della più antica tradizione nostrana e non solo, che già i nostri avi esaltavano per sdemonizzare la cattiva stagione attraverso il piacere e il calore del gusto è rappresentato dalla cucina della cacciagione. Anticamente univa il piacere atavico e istintivo della caccia, della cattura, più anticamente motivato dalle esigenze alimentari, con quello della degustazione. Ancor oggi, la selvaggina, in particolare la cacciagione costituisce un richiamo ineludibile. Lo confermano i commensali della serata dedicata alla beccaccia a Colloredo di Monte Albano (UD). Ai piedi del castello di Colloredo Mels, tra i colli sui quali fin dall’antichità si praticava la caccia, al ristorante stellato La Taverna, Piero e Matilde Zanini hanno dedicato un evento-degustazione a quello che è considerato il volatile dalle carni più pregiate. Che è appunto la beccaccia. Ci ha pensato lo chef Andrea Gabin a non disperdere nulla delle squisite carni del piccolo pennuto, in grado di assicurare una resa del gusto di altissima qualità. Crostino con il suo patè, rappresentava l’inizio del percorso degustativo. Accompagnato dal Brut Franciacorta Cà del bosco. Per esaltare la sovrana della serata, ecco subito il secondo: la beccaccia intingolo e polenta rustica. Per valorizzare il gustoso piatto un prodotto classico dell’enologia italiana: il Pinot Nero Alois Lageder. Nonostante il pregio della pietanza, a seguire una ulteriore leccornia: il riso mantecato con la beccaccia. Assecondato da un vino particolare, realizzato ‘al naturale’ da Giuseppe Cappellano, noto produttore del vino liquoroso Barolo Chinato: l’AB Normal, realizzato con uve di Barbera d’Alba. Per rimanere nelle pietanze della tradizione friulana a seguire il ‘lidric cu les frices’ (radicchio con il lardo di maiale soffritto) leggermente acetato per sgrassare il palato e prepararlo al ghiotto gorgonzola al cucchiaio, proposto con il friulanissimo e non stucchevole Verduzzo vendemmia tardiva Fantin Nodar. La sorpresa finale? Dopo il sorbetto avremmo ricominciato volentieri dall’inizio del menù. Merito della gustosa beccaccia? Certo. Ma anche della selezione accurata degli ingredienti delle pietanze e il rispetto dei metodi di cucina dell’antica tradizione.
Non meno accattivante il richiamo della cacciagione rivierasca. La laguna di Marano è infatti considerata da sempre un paradiso per gli appassionati della fauna selvatica volatile di passo, e stanziale. Lo scriveva Hernest Hemingway, il quale nelle sue vacanze-soggiorno in Friuli e nella sua Riviera descriveva le battute di caccia nell campagne, ma anche la caccia di posta, nei barili piazzati a mollo nelle acque lagunari. Così lo chef Giorgio Dal Forno, del ristorante Ai tre canai, a Marano Lagunare (UD), ha pensato di esaltare la memoria dei sapori della tradizione di cucina rivierasca con la serata ‘Le piume e la laguna’. Assecondati ottimamente dai vini di Ronchi di Cialla. Una analogia con la serata di cacciagione collinare? Il piatto di apertura, sul quale era imperniata la degustazione: ‘el beccaccin’ (il beccaccino). L’esile volatile che saltella sulla spiaggia e sulle barene a caccia dei minuscoli crostacei dei quali è ghiotto. Un piatto denso di aromi lagunari, di una cucina antica: spiedino di rosmarino con petto di beccaccino avvolto in Lardo di colonnata e foglia di salvia, con il suo patè, marmellata di ciliegie e il suo ragù di polenta bianca. Perfettamente affiancato dalla Ribolla Nera (uve Schioppettino) 2008. Anatide sovrano delle acque lagunari e fluviali rivierasche ‘el masurin’ (il germano reale): petto di germano reale farcito e impanato con pane grattugiato e filetti di mandorla con cubetti di rape rosse e sedano rapa. Proprio questi piccoli inserti nel già gustoso piatto lanciavano gli aromi pregiati ma freschi dello Schioppettino 2006. Che si è sposato benissimo con ‘el cioso e la sarsegna’ (il fischione e l’alzavola): polenta bianca macinata a pietra con ragù di fischione e alzavola. Anche Dal Foino, come Gabin de La Taverna, ha voluto sconvolgere la tradizionale sequenza del menù. E in chiusura ecco il primo: ‘la folega’ (la folaga): gnocchetti di folaga con salsa di pomodori canditi al miele di castagno, e buccia di arancia raspata. Proposto con successo con l’unico vino bianco della serata, peraltro considerato al pari di vini rossi per il contenuto di tannini: Verduzzo 2006. Che, dopo un sorbetto all’ananas e mango ha sostenuto con efficacia anche la sorpresa finale di Dal Forno: tris di patè di Alzavola, Germano Reale, Folaga con le marmellate della casa, di pere, ciliegie, albicocche.
Carlo Morandini