LA ‘FIESTE DAI NEMORAZ DAL PURCIT’ (FESTA DEGLI INNAMORATI DEL MAIALE) AL 45. ANNO A PORPETTO (UD)
Non passa mai di moda il gusto delle carni suine, frutto di un’arte ormai antica qual è quella della norcineria: una delle componenti più ambite dell’arte dei mestieri che arricchisce la civiltà contadina. Sono infatti ormai quarantacinque anni che a Porpetto (UD), nel cuore della Riviera Friulana si svolge la ‘Fieste dai nemoraz dal purzit’, in friulano la Festa degli innamorati del maiale, una saga della cucina tipica di origini rurali, nata proprio nella ricorrenza della festa di San Valentino, e talmente richiesta da imporre agli organizzatori del ristorante Alla Tavernetta Da Aligi di mantenerla per un mese intero. Anche quest’anno infatti la famiglia Grop, in sala le figlie Clia e Meri, ha voluto mantenere la tradizione lanciata da papà Aligi, proponendo un menù, sia pure rivisitato e al passo con le attese salutistiche dei degustatori, che come ha voluto lo chef Ezio assieme a papà Aligi, si apre come un’antologia dei sapori friulani e viene proposto a gourmet e semplici curiosi dei sapori e delle tradizioni, che vengono da tutte le parti d’Italia. Ma anche a quanti vogliono riascoltare il gusto della tradizione confrontando i ricordi dei sapori della cucina delle nonne con i piatti attuali. La ‘Fieste’, che inizierà il 2 febbraio, si protrarrà fino al 3 marzo. E prevede quindici piatti. Aperti dal più tradizionale degli antipasti dei convivi di casa, approntati per gli ospiti di riguardo o i parenti stretti: il prosciutto crudo. Ma ecco subito spuntare una ghiottoneria che alla gustosità dell’impasto di carni suine contrappone l’acre sentore dell’aceto di casa: il salame cotto nell’aceto. Del maiale non si butta via nulla: ecco le orecchie fritte. Quindi il lardo fritto: le ‘cicciole’. Per tranquillizzare il palato dei meno usi ai sapori del mondo rurale, il riso con la salsiccia e l’orzo e fagioli rappresentano un gusto intermezzo prima delle ghiotte ossa e piedini bolliti. E della morbida lingua con paté di cavoli. Nelle grandi feste e libagioni seguenti il rito della macellazione suina, perché per molte famiglie friulane, non solo rurali, si trattava di un’occasione di ritrovo e di raccoglimento del gusto, non mancava la griglia, spesso affidata al capofamiglia o a colui che meglio conosceva il punto esatto di cottura. Ecco nel menù della ‘Fieste’ la salsiccia, la pancetta e lo spiedino alla griglia. Seguiti da due piatti principi della civiltà contadina friulana: il cotechino, o musetto, e la brovada, pietanza di rape messe a macerare nell’aceto e bollite. Dopo l’acre sapore del contorno prediletto dalle carni suine, ecco il gustoso fegato al vino. Quasi con l’effetto di frammentazione del menù di un sorbetto, ecco il delicato carré al latte. Ma non ci si deve lasciare trarre in inganno dall’attenuazione del menù. Si tratta semplicemente di un allentamento della tensione del gusto. Che ritorna potente con la costa in umido con patate. La maratona del gusto non è però conclusa. Arriva in chiusura il succulento stinco al forno, ghiotta portata per gli insaziabili. La pace dei sensi? Arriva con i biscotti, i gialletti di mais.
Fatti in cucina da Ezio Grop come l’intera serie di portate. I vini in abbinamento? La scelta è nel vigneto regionale, e non solo. O più semplicemente anche tra i vini di casa. Dal bianco Tocai Friulano, ai rossi Merlot e Cabernet, che nella tradizione locale erano l’accompagnamento consono a diverse delle portate della ‘Fieste’.
Carlo Morandini