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Inventati un sogno e diventane il suo principale protagonista e interprete. Immagino così nei suoi tratti essenziali la decisione presa qualche anno fa dal giornalista scrittore Carlo Morandini, udinese di nascita ma lignanese di adozione, di dedicarsi alla valorizzazione della fascia costiera del Friuli dove l’Europa si affaccia sul mare Adriatico. Una regione delimitata a nord dalla città fortezza di Palmanova e dalla linea delle risorgive, a est dal fiume Isonzo, a ovest dal fiume Tagliamento e a sud dalle lagune di Marano e di Grado; in altre parole, la pianura conosciuta da tutti con il nome di Bassa Friulana. Una denominazione tutt’altroche entusiasmante e che non riflette e non valorizza in alcun modo la bellezza, le prerogative, la varietà e l’importanza del territorio costiero friulano. Né sotto l’aspetto storico – basti pensare ad Aquileia, fiorente città della Roma imperiale, alla città-fortezza di Palmanova e all’avamposto prima romano e poi veneziano di Marano Lagunare – né sotto quello economico e turistico con invidiabili realtà eno-gastronomiche (vini bianchi, insaccati e formaggi) e complessi balneari di tutto rilievo come Lignano Sabbiadoro e Grado, meta estiva per milioni di turisti europei. Una realtà così complessa e così variegata come quella del Friuli meridionale, questo il pensiero di Carlo Morandini, merita una denominazione che abbia un suono più “positivo e solare” e faccia dimenticare quella di Bassa Friulana la quale, si voglia o no, richiama alla mente qualcosa di depresso e di retrogrado. Come Riviera Friulana, per esempio, un termine che secondo Morandini calza a pennello, sia per chi nel territorio svolge un’attività (prodotti della Riviera Friulana “suona bene”!) sia per chi dal centro dell’Europa decide di prenotare una vacanza sulle luminose spiagge adriatiche della Riviera Friulana. Sennonché cambiare nome a un territorio, non è impresa da poco, soprattutto in Friuli dove la gente è poco incline all’accentuazione delle proprie caratteristiche ed è molto attaccata alle proprie tradizioni anche se talvolta non sa bene da dove provengano. Nel caso della Bassa Friulana, dove l’impero austroungarico è stato di casa fino agli inizi del secolo scorso, il termine, infatti, potrebbe addirittura essere stata una traduzione dal tedesco sulla scia della distinzione tra “ Nieder- und Ober-Oesterreich”. Il vero problema, comunque, era quello di scegliere e di decidere per i prodotti dell’arco rivierasco uno scenario più esaltante di quello evocato dal termine Bassa Friulana, che in nessun modo si presta a promuovere campagne di prodotti che devono imporsi in mercati sempre più agguerriti ed esposti alla concorrenza globalizzata. Idea semplice e chiara e, se si vuole, anche un po’ geniale e come tale, come spesso accade in questi casi, con la sua apparente e disarmante semplicità non poteva inizialmente non provocare reazioni di stupore e anche di scherno. Morandini, comunque, non si lascia scoraggiare e convinto della validità della sua idea e dopo aver raccontato in un bellissimo libro intitolato “La Riviera Friulana” la moderna realtà della regione che tra i fiumi Isonzo e Tagliamento va dal litorale friulano fino alla linea delle acque risorgive, decide di sfruttare le sinergie sorte durante il ciclo delle presentazioni del suo libro e di utilizzarle per creare un’associazione culturale con lo stesso nome. A questo punto, il dado è tratto e Morandini passa il suo Rubicone sapendo di aver alle sue spalle i protagonisti del settore alimentare e turistico della regione e di poter contare sull’appoggio della Federazione Nazionale della Stampa (FNSI) e delle autorità del governo regionale del Friuli Venezia Giulia (FVG). Non per ultimo, anche sul patrocinio del Club UNESCO di Udine, l’organizzazione delle Nazioni Unite che tra l’altro ha il compito di mantenere una lista degli importanti patrimoni dell’umanità, sia sotto l’aspetto culturale sia sotto quello naturalistico che nella Riviera Friulana non mancano. Potenzialità penalizzate Certo cambiando soltanto un nome non si può pensare di risolvere problemi che si trascinano da anni se non da decenni. Problemi che per chi ha avuto modo di seguire negli ultimi anni gli sviluppi da un’ottica estiva lignanese sono immobilità e provincialità di operatori economici e di amministrazioni pubbliche, drammaticamente ferme e incapaci di prendere atto dei cambiamenti avvenuti nella domanda del mercato turistico e enogastronomico. A mio parere quindi il merito di Carlo Morandini non sta solo nell’aver avuto l’idea di ribattezzare la BassaFriulana con il nome più radiante di Riviera Friulana, ma anche di aver fatto presente che in passato si è battuto troppo il tasto sugli aspetti e sugli interessi dell’industria balneare trascurando, invece, di prendere atto dell’accresciuto interesse che il turismo dedica oggi alle prerogative e alle caratteristiche dell’intera area rivierasca. In particolare alle specialità enogastronomiche, che sono moltissime e alcune di esse davvero eccezionali e uniche. Molto spesso sconosciute perché qualora il semplice uomo della strada europeo dovesse cercare di elencare alcune delle specialità friulane raramente riuscirebbe ad andare al di là del prosciutto di San Daniele. Ecco quindi che la nuova più solare e più sorridente denominazione di Riviera Friulana può divenire il veicolo ideale per il lancio di una più varia e qualificata offerta e divulgazione dei prodotti del territorio tra i consumatori italiani ed esteri, turisti o no, degustatori o gourmet. In qualsiasimodo sarà necessario far più gioco di squadra come già stanno facendo le tre denominazione rivierasche DOC delle tre zone di Friuli Annia, Friuli Aquileia e Friuli Latisana. Ai turisti indipendentemente da qualsiasi regione arrivino si dovrà andare molto più incontro, bisognerà in qualche modo prenderli un po’ per mano e guidarli con un progetto di promozione che ruoti attorno alla nuova denominazione Riviera Friulana.Il Friuli è una regione dove Occidente e Oriente europeo s’incontrano e con le loro culture danno vita a una ricchissima e varia cucina multietnica, con elementi veneti e padani da un lato e, dall’altro, asburgici, slavi e orientali. Una cucina semplice e nello stesso tempo ricca e comunque pochissimo nota all’esteroe anche in Italia. Una volta – proprio con l’intento di dimostrarequanto poco i friulani si siano sinora adoperati per propagandare le loro specialità regionali – ho voluto organizzare a casa mia in Germania un confronto tra un piatto di wuer- stel con crauti e patate lesse e tra un piatto di musetto friulano con brovada e polenta. Nessuno dei miei ospiti tedeschi, tutti con l’aria di essere ottimi buongustai e brillanti conoscitori dell’Italia e della sua cucina, ha potuto spiegarsi alla fine come mai avesse potuto ignorare fino a quel momento l’esistenza del piatto friulano. Qualcosa, comunque, si sta finalmente muovendo grazie soprattutto alla notorietà dei vini friulani, di quelli bianchi in particolare, ultimamente molto aumentata e anche grazie ai successi nell’esportazione del formaggio Montasio, il vecchio formaggio di latteria così modesto da essere vissuto fino ai nostri giorni come prodotto NN, senza nome alcuno. Anche l’olio d’oliva tergeste viene oggi dal Friuli, una variante dell’oro verde che pochi conoscono. Ne ho parlato in uno degli ultimi “periscopi” dello scorso anno raccontando la storia dell’olio Olistella che nasce da ulivi che fioriscono lungo le rive del fiume Stella. Nella trasognata laguna di Marano in cui il fiume sfocia prima di raggiungere il mare, lo scrittore Ernest Hemingway, così almeno si dice, aveva visto nel secolo scorso le premesse di una “Florida italiana”. E’ successo ben poco da allora in questo senso. Come anche nei rapporti tra Lignano Sabbiadoro e Marano Lagunare (la piccola repubblica marinara rivenuta poi parte di Venezia), due realtà che più diverse di così per storia e per vocazione non potrebbero essere. La prima è cresciuta ultimamente in modo disordinato e disattento ai segnali del mercato turistico, mentre la seconda paga amaramente lo scempio di una fabbrica costruita nel suo millenario centro storico che prossimamente dovrà essere finalmente demolita. Unendo e coordinando i loro programmi di sviluppo questi due centri potrebbero contribuire a configurare una delle più interessanti realtà della Riviera Friulana e dell’intero golfo adriatico. Anche a questo riguardo, l’associazione della Riviera Friulana potrebbe svolgere un ruolo importante.